PRESA DI POSIZIONE SULL–’UNIONE EUROPEA

L’abbozzo di una Costituzione e il corrispondente trattato costituzionale dovrebbe diventare per l’UE un decisivo passo verso l’integrazione. Con il “no” francese e olandese nella primavera 2005 e con il vertice UE del giugno 2005 – che ha avuto invero poco successo –  sono emerse apertamente le contraddizioni all’interno dell’UE. E’ condannata dunque l’UE al fallimento? Oppure c’è una possibilità per le élites dominanti europee di proseguire in questo progetto?

1.         L’UE è alla fin fine il risultato storico di due fattori intrecciantisi: da un lato del confronto di blocco di imperialismo e Unione Sovietica e dall’altro una formazione di blocco all’interno di uno schieramento imperialistico. Gli USA hanno spinto negli anni ‘50 la Francia, potenza leader sul continente europeo, a integrare la Germania occidentale sempre di più in una alleanza europea occidentale politica, economica e militare. I grandi gruppi della RFT non si potevano a dire il vero dire fuori gioco come concorrenza all’interno dell’imperialismo, il cui potenziale economico poteva però venir utilizzato per la costruzione e il consolidamento di un blocco economico contro l’Unione Sovietica e gli Stati del COMECON. Questo progetto si dimostrò tanto forte economicamente e di conseguenza anche capace di sviluppo, che intorno agli Stati fondatori nel corso dell’ultimo terzo del XX secolo dovettero riunirsi gli altri Paesi dell’Europa occidentale e persino la GB non potè sottrarsi a questa attrazione, nonostante la sua più autonoma posizione determinata dal Commonwealth.

Dagli anni ’80 e soprattutto dalla caduta dell’URSS negli anni ’90 questo progetto venne completato e riscattato dal fatto che gli imperialismi del MEC e dell’UE dominanti sul continente, la Francia e la Germania riunificata nel 1990, formularono progressivamente proprie esigenze imperialistiche che cercarono di realizzare per mezzo dell’UE e per le quali la progressiva emancipazione dall’influenza degli USA cominciò a diventare una reale prospettiva. A differenza della Gran Bretagna il duo Francia – Germania e, al suo seguito, i suoi più stretti alleati, vede gli interessi dei suoi grandi gruppi non più realizzati tramite una subordinazione sotto la potenza mondiale americana, ma nel perseguimento autonomo dei propri interessi e, se necessario, anche contro la volontà degli USA.

 

2.         Il progetto di unificazione europea tramite CEE, MEC e UE è dunque un progetto imperialistico in cui Stati nazionali imperialistici per considerazioni politico-economiche superiori e sempre di più anche per motivazioni militari hanno rinunciato a parti della loro sovranità a favore di una istituzione sovranazionale. Questo processo, nonostante tendenze contrarie che coltivano un ritorno alle esigenze nazionali, non è ancora arrivato al suo compimento. Non c’è nessun vincolo interno che sotto la pressione della concorrenza renda impossibile per principio  un sempre ulteriore avvicinamento fino a giungere alla fusione di Stati capitalistici. Però non è ancora in vista nel quadro dell’UE nessuna rinuncia agli Stati nazionali, ma piuttosto una progressiva tendenza alla devoluzione dei diritti di sovranità a una burocrazia EU sovranazionale. Oggi interessa ai maggiori Stati dell’UE raggiungere una capacità concorrenziale accresciuta e posizionarsi in maniera migliore come gruppo di Stati sul mercato capitalistico nei confronti degli Usa e dell’Estremo Oriente di quanto ciò sarebbe possibile a ognuno dei singoli Stati da solo. Ciò viene completato dalla messa in campo di una forza militare europea che deve assicurare come fattore d’ordine politico-militare la strategia imperialistica.

 

3.         Il processo di unificazione europea – anche se è progredito molto dagli anni ’50 – non è naturalmente un processo senza contraddizioni. Da un lato agiscono qui contrasti all’interno dell’UE, dall’altro anche la formazione dei contorni di una futura lotta di potenza all’interno del blocco imperialista.

Il progetto favorito da Francia e Germania di una unificazione europea intorno all’asse Parigi-Berlino non venne condiviso all’inizio da tutti i  membri MEC-UE. E così questo processo non potè venir bloccato dalla Gran Bretagna caratterizzata dal  forte legame con gli Usa e da una propria sfera di influenza imperialistica nella forma del suo ex impero coloniale.  La Gran Bretagna  dunque potè rallentare questo processo e rimanere fedele al concetto di una Europa che in fondo doveva rappresentare una zona di libero scambio. Conseguentemente essa rimase fuori da progetti come la moneta unica. L’unificazione europea non è perciò un processo irreversibile e porta in sé sia il potenziale di un ulteriore unificazione sovrastatale su base capitalistica che anche quello di una uscita di singoli Stati o addirittura del fallimento del progetto complessivo.

   

4.                  La CEE-UE è stato ed è un progetto neoliberale che è in grado per diversi fattori di diventare una politica apertamente favorevole al capitale sino al punto da esservene costretta: da un lato l’implosione dell’URSS nel 1989-1990 e la fine di un ciclo storico iniziato con la Rivoluzione d’Ottobre hanno liberato i governi dell’UE da una attenzione eccessiva nei confronti del proprio proletariato. La controrivoluzione capitalistica nell’Europa orientale contribuì allo smantellamento delle conquiste storiche raggiunte durante il lungo boom e alla realizzazione di un modello neoliberale nell’UE.

Però gli attacchi allo status sociale delle masse hanno una ulteriore più profonda motivazione. Con il procedere dell’unificazione europea è risultata non solo la possibilità di una politica imperialistica più consapevole del MEC/UE guidata dall’asse franco-tedesco, ma anche la necessità di garantire questa politica militarmente e soprattutto anche economicamente.

Il capitale ha esercitato ed esercita perciò una crescente pressione per l’abbassamento dei salari, delle spese salariali accessorie e degli standard sociali per migliorare la concorrenzialità nei confronti dei potenziali concorrenti imperialistici, Giappone  e soprattutto Stati Uniti. Come mezzo per raggiungere questo scopo è servito nell’ultimo quindicennio il trattato di Maastricht del 1991 col quale ci si indirizzò verso una moneta comune e col cui aiuto gli Stati nazionali europei legittimarono e legittimano profondi tagli nella politica di bilancio fiscale e sociale.

 

5.                  L’ampliamento ad Est è stato un risultato strategico del capitale europeo e in particolare di quello tedesco. L’inserimento di Paesi dell’Europa centrale e orientale nell’UE era subordinato all’obiettivo della creazione di un retroterra che offrisse forze lavoro a buon mercato e ad alta qualificazione e nuovi mercati di sbocco e che fosse però politicamente stabile e in qualche modo sottratto all’influsso sia dell’imperialismo americano che della Russia. Con l’allargamento ad Est il capitale europeo ha definito il processo della penetrazione economica dell’Europa orientale che era già in pieno movimento dalla fase finale e dal crollo dell’URSS e degli altri Stati operai degenerati.

             

6.                  Il progetto di una unificazione europea sotto il dominio dei grandi gruppi è nel frattempo entrato in un nuovo periodo. Sotto il predominio franco-tedesco la creazione di una moneta comune ha potuto essere realizzata e con lo spazio di Schengen è stato completato da una serie di Paesi UE il progressivo venir meno dei controlli di confine interni, ma contemporaneamente anche realizzata una rigida chiusura verso l’esterno. L’armonizzazione delle condizioni di sfruttamento ( di fatto un livellamento dei salari e degli standard sociali verso il basso) è in pieno corso. Contemporaneamente però gli spazi economici sono sostanzialmente diventati più stretti nell’ultimo decennio sia per gli Stati nazionali sia per la burocrazia UE. La congiuntura che da anni si è indebolita in particolare in confronto agli USA, concorrente imperialistico principale, ha condotto con la disoccupazione di massa e la perdita dei salari reali in accordo con una politica fiscale che sgravava le grandi imprese al fatto che sempre minori risorse di bilancio stessero a disposizione per la compensazione degli interessi UE. Negli anni ’90 l’imperialismo europeo, soprattutto quello tedesco dominante, è rimasto indietro rispetto agli USA – finora non è riuscito alle classi dirigenti dei grandi Stati europei di cambiare nella sostanza il rapporto di forze sfavorevole per il capitale che risulta da una insufficiente unificazione politica, economica e militare. Da ciò consegue tra l’altro un potenziale militare ampiamente inferiore,  l’insufficiente coesione dei grandi gruppi economici capitalistici e gli spazi economici che si sono ampiamente ridotti negli ultimi anni in Europa. Non a causa dell’adesione degli Stati del Centro e dell’Est Europa, ma in prima linea per le relative debolezze del modello imperialistico europeo sarebbe diventato sempre più difficile rendere disponibili risorse come compensazione per le concessioni di alcuni Stati nazionali nel processo di unificazione europeo. Dei compromessi hanno potuto essere sempre meno acquisiti dunque dalla metà degli anni ’90 in seguito a storni finanziari. Quello che era riuscito a Margaret Thatcher con lo ”sconto inglese” o in generale  a Paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna – e cioè di lucrare in maniere sovraproporzionale grandi quote dalle borse dell’UE per progetti di sviluppo controllati nazionalmente – sembra ora essere definitivamente escluso in grande misura per il prossimo periodo e come metodo per superare linee di conflitto potenziale.

 

7.                  Il (temporaneo) fallimento delle trattative per il prossimo periodo del bilancio delle finanze UE rispecchia questi spazi sempre più ristretti e la lotta sempre più dura dentro l’UE. Il pericolo dell’immobilismo e della “ingovernabilità” di una UE, in cui come sempre ogni Paese membro possa porre il suo veto contro importanti decisioni comunitarie, crescerà con le sempre più acute contraddizioni tra i Paesi membri e con l’allargamento a Est dell’UE che ha condotto alla comunità otto nuovi membri est-europei (più Cipro e Malta) e che deve innalzare il numero degli Stati membri a 27 entro il 2007. In questo contesto un nuovo regolamento dovrebbe rafforzare il dominio dei gruppi capitalistici decisivi nei Paesi fondatori dell’UE e impedire il più ampiamente possibile le eventualità dell’uscita e del blocco da parte di alcuni Stati oppure di coalizioni incontrollate e di formazioni di alleanze non desiderate all’interno della UE. La Costituzione UE sarebbe stata in questo senso una via d’uscita.

Perché due avvenimenti hanno dimostrato drasticamente l’intima debolezza dell’UE e la sua insufficiente unificazione. Nelle guerre dei Balcani e soprattutto nella guerra del 1999 contro la Jugoslavia l’UE ha dovuto nel suo proprio retroterra lasciare chiaramente la direzione agli Stati Uniti e accontentarsi di un ruolo di supplenza. L’UE si è dimostrata incapace di garantire nei Balcani l’ordine imperialistico e dunque la necessaria stabilità e “sicurezza” e le normali condizioni di sfruttamento. E nella “guerra contro il terrorismo” è riuscito agli USA di rompere l’unità interna dell’UE e di coinvolgere “nella coalizione dei volenterosi”, accanto a una serie di Paesi Est europei di recente adesione all’UE, assieme al vecchio alleato inglese tra gli altri anche l’Italia e  (per un breve periodo) la Spagna. La direzione franco-tedesca è consapevole che un posizionamento internazionale più forte della UE e una unificazione politica diventano sempre più necessari. Le tendenze dissolutive, una possibile uscita di alcuni Stati e una generale divaricazione dovrebbero essere impedite da una Costituzione. Perché nella concorrenza globale per le zone di influenza l’UE può esistere come giocatore autonomo solo se parla con un’unica voce e agisce unita verso l’esterno.

Proprio questo obiettivo superiore la Costituzione ha tentato di garantire. Nel fare  ciò non si trattava in nessuna maniera di fissare i già esistenti oppure persino una estensione dei futuri diritti democratici dell’UE in un nebuloso “catalogo dei valori fondamentali”. Si trattava di una protezione delle conquiste neoliberali per il capitale, della garanzia di una comune politica estera e del fatto di rendere difficile l’uscita dei membri minori dai baricentri indicati dall’asse franco-tedesco nella politica interna ed estera, nella costruzione di un apparato repressivo comune e di una truppa di intervento forte capace di operare su scala mondiale.

 

8.                  Il “non” francese e il “nee” olandese hanno mandato all’aria temporaneamente queste ambizioni. Essi significano un sensibile colpo per il progetto di un blocco reazionario imperialistico UE guidato da Germania e Francia. Ma essi non significano automaticamente la fine dell’ulteriore tendenza all’unificazione e dell’ulteriore formazione di un blocco imperialistico europeo. Il prossimo futuro sarà segnato da un concetto più difensivo di integrazione. La Costituzione europea sarebbe stata in grado di formare un quadro unitario per la creazione di un blocco UE. Al suo posto ora sarà accelerato fino a nuovo ordine un processo di integrazione su diversi singoli piani senza che i problemi fondamentali, che pregiudicherebbero un ulteriore sviluppo in direzione di un blocco unitario UE,  vengano messi da parte.

Probabilmente l’integrazione proseguirà dunque sul piano delle singole trattative che convergeranno verso un’armonizzazione degli standard di lavoro e sociali attualmente ancora completamente diversi e verso un coordinamento della diplomazia europea,  dei compiti e dei campi di azione della polizia e verso la costruzione di un procedimento di asilo unificato, eccetera. Anche la creazione progressiva di uno spazio unitario europeo dei servizi, come proposto dalla direttiva Bolkenstein, non è parimenti sparita come non è sparita una rafforzata politica di riarmo e per esempio ulteriori sforzi comuni per la formazione di un Corpo militare UE indipendente dagli USA e dalla NATO. Così per esempio il fatto che, contemporaneamente al fallimento della Costituzione europea, si sia prodotto un indirizzo univoco nella questione dell’avvio dei colloqui di adesione e che le trattative sui trattati di associazione e su un possibile  collegamento in prospettiva con Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Serbia-Montenegro ed Albania siano state proseguite, tutto ciò dimostra che la burocrazia UE è ancora in grado e ha la volontà di procedere in maniera coordinata sul piano dei singoli problemi. Gli interrogativi  emersi nella questione dell’avvio delle trattative di adesione con la Turchia sottolineano a dire il vero le crescenti contraddizioni entro l’UE e le insufficienti capacità di produrre con il regolamento attualmente in vigore un’effettiva compensazione dei diversi interessi.

 

9.                  Tramite il respingimento dell’abbozzo di Costituzione l’orientamento di fondo dei circoli dirigenti dell’UE è stato certamente ostacolato, ma non relativizzato né reso impossibile. L’Unione europea si congederà nel prossimo periodo con tutta probabilità dal principio di unanimità. Un’altra possibilità per il mantenimento della capacità di azione (di un rafforzamento della competenza di azione imperialistica impossibile parlare!) sarà difficilmente rinvenibile. Nella Costituzione era previsto al posto del diritto di veto corrente, del quale gli Stati membri dispongono attualmente in molti settori, il sistema della doppia maggioranza qualificata – una minoranza di Stati non dovrebbe più poter bloccare determinati progetti di legge se non dispone di almeno il 40% degli abitanti dell’UE. Ciò darebbe agli Stati decisivi, Francia e Germania con i loro più stretti alleati, un potere determinante di realizzare i propri interessi con alle spalle le loro popolazioni numericamente forti, anche contro la volontà di singoli governi “recalcitranti”. I gruppi di potere dominanti nell’UE dovranno trovare ora altre possibilità per difendere efficacemente i propri interessi. Lo sviluppo che si è già determinato in seguito all’introduzione dell’euro e dello spazio di Schengen si rafforzerà con ogni probabilità nel prossimo futuro. Dunque l’asse franco- tedesco (e le possibilità di un permanere di questa alleanza esistono ancora) procederà più velocemente nell’integrazione di quanto questo sia desiderato da alcuni Stati come la Gran Bretagna. Intorno a questo asse si raggrupperanno prevedibilmente anche in futuro altri Stati che sono pronti a una stretta cooperazione e che ne sono in grado anche dal punto di vista economico e politico.

L’aspetto dell’UE nel prossimo futuro si articolerà con ogni probabilità a ventaglio e tenderà in direzione di un’ Europa dei cerchi concentrici. A ciò contribuisce anche il fatto che per i grandi gruppi dell’UE non varrà la pena di condurre più velocemente le semicolonie dell’Est Europa tramite iniezioni finanziarie più generose al livello di vita delle metropoli capitalistiche altamente sviluppate dell’Europa occidentale.

Per questa ragione per il capitale europeo non c’è nessun motivo di esprimersi sin dall’inizio contro l’ accoglimento della Turchia. L’UE avrebbe certamente sotto controllo con regolamenti speciali le grandi masse contadine, che potrebbero dopo l’adesione battere alle porte dell’Europa occidentale. I grandi gruppi potrebbero approfittare infatti di un’ulteriore pressione salariale. Per il bilancio UE, ancora sotto pressione, la messa a tacere della grande popolazione turca sarebbe certamente un problema rilevante così come l’irrisolta questione curda.

  Il timore dell’establishment Ue consiste però soprattutto nel fatto che con l’ammissione della  Turchia i confini dell’UE sarebbero estesi fino alla zona di crisi del Medio Oriente. Ciò potrebbe sovraccaricare la capacità militare della UE in via di allestimento. Inoltre verrebbe accolto come membro, con l’ingresso di una Turchia tradizionalmente intrecciata strettamente agli USA, un partner importante, la cui lealtà in una futura possibile formazione rafforzata  di blocco anche contro la potenza finora protettrice degli USA ha bisogno ancora di una prova – il ritiro del sostegno turco agli USA nella guerra dell’Iraq può valere in questo contesto come anteprima, ma non viene visto ancora come prova per capacità di integrazione e fedeltà ai patti. I soldati turchi e la Turchia esperta come potenza militare sono però certamente a media scadenza molto interessanti per il blocco imperialistico UE.

Le difficoltà nell’avvio avvenuto ufficialmente il 3 Ottobre 2005 di colloqui di adesione con la Turchia sono la prova del fatto che dentro l’UE gli umori sciovinisti di una Europa cristiana contro una Turchia islamica non sono venuti meno. I rivoluzionari devono combattere naturalmente in maniera conseguente questo sciovinismo. Sarebbe però fatale il far discendere da ciò un (critico) sostegno dell’ammissione della Turchia. Anche nel caso della Turchia vale <questo principio>:  noi non abbiamo nessun interesse al rafforzamento di questo tipo di Europa unita, i cui interessi sono rivolti alla formazione di un imperialismo autonomo e il cui obiettivo è di realizzare verso l’interno e verso l’esterno una politica indipendente di grande potenza.

 

10.             Un risposta rivoluzionaria alle contraddizioni emergenti anche nella politica ufficiale dell’UE nei confronti della Turchia e al progressivo processo di una unificazione europea ispirata dal punto di vista capitalistico (processo che è rivolto in direzione della formazione di un blocco imperialistico europeo) non può consistere nel ritorno allo Stato nazionale. Per quanto giusto sia stato il No olandese e francese,  no ispirato socialmente all’abbozzo di Costituzione, non è stato niente di più che un atteggiamento difensivo contro un progetto liberista e militarista che avrebbe dovuto estendere gli attacchi economici e politici degli ultimi anni fino a farli diventare un attacco generale alle conquiste sociali legittimato dalla Costituzione.

La risposta non può nemmeno consistere nell’illusione di una Europa sociale che dovrebbe venir garantita da un nuovo abbozzo di una Costituzione ripulita dagli accenti antisociali. Anche il venir meno di tutti gli spunti neoliberisti e l’accoglimento di alcune frasi sociali non muterebbe nulla nel carattere di fondo della Costituzione e dell’alleanza di Stati che essa rappresenta – il progetto UE è il progetto dei grandi gruppi, un progetto del capitale e di un imperialismo europeo che si forma sotto l’ala  franco-tedesca. La risposta deve cogliere il positivo impulso che è nato dalla caduta dei vincoli doganali, dal venir meno dei controlli dei passaporti e di un grande spazio monetario unitario di una parte d’Europa.

Una unificazione europea che progredisca su base capitalistica è ancora possibile, anzi è persino probabile. La stabilizzazione e la garanzia a lunga scadenza dell’ euro come moneta unitaria renderanno al contrario persino necessaria una pressione permanente a una unificazione più profonda e a un’ armonizzazione dei sistemi fiscali e giuridici. E ciò è soltanto l’espressione esteriore di un’intima tendenza a cui il capitale europeo sarà costretto se vuole emergere come giocatore autonomo su scala mondiale con ambizioni proprie.

Ma tutto ciò non porterà a una unificazione europea su basi progressiste, perché anche un’altra Europa resterà, se le basi del capitalismo non verranno intaccate, un’Europa imperialista. E’ un’Europa il cui carattere di classe emerge in maniera sempre più evidente, che realizza le sue ambizioni politiche senza riguardi e che si difende con muri sempre più alti contro gli immigrati, il cui unico delitto è di voler condurre una vita dignitosa e di voler partecipare al modesto benessere che le masse europee si sono conquistate negli ultimi cento anni – un benessere che non da ultimo è stato reso possibile dagli spazi dei capitali europei, spazi che questi hanno acquisito con lo sfruttamento dei Paesi sottomessi.

Un’altra Europa dovrà essere un’Europa socialista. La posizione sviluppata da Trotzki e dal movimento operaio rivoluzionario è ancora attuale: noi contrapponiamo all’Europa dei grandi gruppi, all’Europa dell’ imperialismo e dello sfruttamento, la lotta per gli Stati socialisti unificati d’Europa come parte di una Repubblica mondiale federativa socialista.

 

Approvato dall’Assemblea degli aderenti dell’AGM il 26 Novembre 2005 (su un abbozzo di Manfred Scharinger).

                

Traduzione di rdb – circolo operaio di udine